I lavori di esumazione e identificazione iniziano a luglio del 1944, seguiti dal Comitato esecutivo della Commissione Cave Ardeatine, dall’equipe medica del dott. Attilio Ascarelli, dal reparto dei vigili del fuoco del Verano e dal personale del cimitero del Verano.
Dapprima si procede a liberare le gallerie, crollate a causa delle esplosioni, portando via circa 2000 metri cubi di materiale.
Successivamente inizia l’isolamento e l’identificazione delle singole salme.
Nelle galleria si presentano due enormi cumuli di cadaveri ammucchiati gli uni sugli altri fino a 1,5m di altezza. Le esalazioni dovute alla decomposizione rendono l’aria irrespirabile.
Si decide, su indicazione di Ascarelli, di esaumare i corpi uno per volta, mantenendo l’ordine di adiacenza: ogni salma estratta viene numerata e portata al reparto medico-legale. Qui viene ricomposta e riceve gli uffici religiosi da un prete e un rabbino.

Dato l’avanzato stato di decomposizione e lo stato in cui versano i corpi (39 corpi si ritrovano decapitati) le operazioni di identificazione si basano su approssimazioni successive nella compilazione di una scheda: si parte dai tratti fisici e anatomici per poi passare agli indumenti e algi oggetti che si ritrovano sui corpi. Dopo la compilazione della scheda si cerca di identificare ciascuna vittima con l’aiuto dei parenti.
A questo punto ogni salva viene chiusa in una bara e allineata lungo le gallerie.
I lavori proseguono fino a novembre e consentono di identificare 322 vittime su 335.
Oltre all’identificazione delle vittime la Commissione riesce anche a stabilire la modalità di esecuzione: fino a quel momento si pensa che le vittime sono state uccise a colpi di mitra, mentre le autopsie rivelano che sono stati uccise una per volta da un colpo di pistola alla nuca a distanza molto ravvicinata.

I fatti