La costruzione del sacrario delle Fosse Ardeatine inizia il 22 novembre 1947; il cantiere durerà due anni.
Raggiungibile dal piazzale o dalle gallerie, è avvistabile dalla via Ardeatina.

Ottenuti il consenso e la firma di tutte le famiglie, il 22 novembre 1947 inizia la costruzione del sacrario e, due anni dopo, il quinto anniversario dell’eccidio è commemorato dall’inaugurazione di un caposaldo dell’architettura moderna, risultato del primo concorso dell’Italia democratica, perenne testimonianza che la conquista della libertà non può prescindere dalla vittoria sulla retorica e il trionfalismo.

La cerimonia che ha luogo da allora ogni anno al cospetto di autorità, associazioni partigiane e di deportati, studenti e comuni cittadini, assume un valore ben più ampio dell’evocazione di un singolo episodio di resistenza antifascista.

Come commenta Alessandro Portelli nel suo fondamentale contributo alla vicenda (L’ordine è già stato eseguito, Donzelli, 1999):

Le Fosse Ardeatine non sono solo il luogo in cui molte storie finiscono, ma anche quello da cui un’infinità di altre storie si diramano. Da lì riparte una battaglia per il significato e la memoria [ … ]. La storia delle Fosse Ardeatine è la storia di come la città. Le istituzioni e le singole persone, hanno provato a elaborare il senso di questa morte di massa che pure è morte di singoli, assurda, violenta, crudele.

Se l’autore attualizza e personalizza quella storia dando voce ai sopravvissuti, ogni anno, al culmine della commemorazione, i nomi dei 335 trucidati vengono scanditi ad alta voce.

Ma il passatismo non si dà per vinto: dal luglio 1949, e per due anni, si accanisce contro il progetto di Mirko per la cancellata di ingresso, definendolo ottusamente «una stonatura», «espressione di carattere decorativo frivolo», alieno dal «senso severo» delle opere monumentali.

La sua difesa, sostenuta da critici illuminati quali Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan, si traduce in una battaglia per l’arte moderna, per ricerche formali avanzate e autonome, aliene da qualsivoglia realismo descrittivo ed evocativo.

Contro la decisiva presa di posizione degli architetti a favore «dell’unica ipotesi idonea ad inserirsi nel complesso monumentale», nulla possono bocciature e ostruzionismi e, nel marzo 1950, il progetto è approvato con otto voti favorevoli, sette contrari e un’astensione.

Nessuna polemica accompagna invece la conformista scultura di Coccia: un pegno alla tradizione.